Nei due secoli appena conclusi (XIX e XX) fiorirono a Laureana - e non solo - attività artigianali, quasi sempre di buon livello.
Non si può parlare di botteghe, sicuramente di famiglie, che, per generazioni, hanno tenuto alto il mestiere tramandato, insegnando a quanti frequentavano le loro attività.
Alla fine della II guerra mondiale molte famiglie si sono disperse e i pochi apprendisti rimasti non sempre hanno fatto in tempo ad acquisire le abilità dei loro maestri.

Ecco qui sotto un elenco certamente non esaustivo ma che comprende certamente i mestieri dove i nostri concittadini spesso primeggiavano.

Mrame battutoaestri capaci di trasformare un foglio di lamiera di rame, col solo uso del martello, in una caldaia. Impresa che -a pensarci- lascia sbalorditi. E' un'arte che si perde nella notte dei tempi, quando fu scoperto l'uso dei metalli. Nel dopoguerra era rimasto un solo maestro ad esercitare, per una vasta zona, questo antichissimo mestiere.

fare il_carbone1Mestiere durissimo quello del carbonaio e senza limiti alle ore continue di lavoro. Il taglio di boschetti o la potatura fornivano la materia prima per ottenere il carbone, per cucinare o per riscaldare le case.
Il mestiere sopravvive per gli amatori del caminetto, delle stufe o degli arrosti sulla brace. Lavoro molto pesante e duro: la carbonaia va assistita e alimentata anche di notte; un errore durante la cottura per la trasformazione del legno in carbone comporta la perdita di settimane di lavoro e di mancato guadagno. I tronchi e i rami che dovranno diventare carbone vengono ammassati intorno ad una "fossa" nella quale verrà acceso ed alimentato il fuoco. Tutti membri della famiglia, anche i più piccini, sono coinvolti durante la preparazione della carbonaia e poi nell'insaccamento del prodotto. Oggi il carbone, se serve, si acquista nei grandi magazzini.

carradore1carradore2L’apprendimento di questo mestiere, secondo i maestri antichi, richiedeva almeno venti anni: conoscere i vari legnami presenti in zona, saperne valutare la stagionatura, l’uso particolare; conoscere l’arte del falegname; intendersi di metallurgia, di saldatura e anche di decorazione pittorica. 

In assenza di macchine elettriche, tutti i lavori si facevano a mano, compresa la tornitura dei grandi mozzi. 

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Le grandi ruote venivano costruite senza chiodi e senza colla: il cerchione di ferro reggeva il tutto.

Carri, carrozze, carrozzini, traini, ecc., qui non si usano più e hanno le ruote gommate, anche per usi agricoli.

casaro1Questo antichissimo mestiere è esercitato dai pochissimi uomini che si dedicano alla pastorizia al seguito di piccoli greggi di pecore e di capre, e di mandrie di bovini.
Sono presenti nel territorio circostante pochi greggi di pecore e allevamenti in stalla e bradi di bovini. Il latte prodotto viene raccolto dai caseifici; qualcuno, abitante in zone della montagna retrostante, lo lavora in proprio, producendo formaggi e ricotte, che vengono venduti sul posto o dagli alimentaristi locali.
L'igiene conta, forse, sugli anticorpi già presenti nei consumatori; i sapori sono impagabili e non riproducibili dai grandi caseifici: non si può avere tutto!

cestaioArte soppiantata dai prodotti provenienti dalla Cina e dal nord-africa. Nei mercati paesani è ancora possibile incontrare qualche contadino che espone pochi pezzi da lui stesso realizzati.
Qualche vecchio contadino è in grado di produrre contenitori per i più diversi usi lavorando e intrecciando vimini e strisce di canna. Il materiale occorrente è facilmente accessibile : canneti, ulivi e salici per le verghe. Gli strumenti occorrenti : un coltello, due o tre cunei di canna, una grossa forbice.
Le verghe vengono tagliate a primavera, seccate e, dopo averle immerse in acqua, lavorate, in qualunque stagione. Il Nord-Africa e la Cina hanno invaso i nostri mercati e i nostri negozi, e la plastica ha sostituito gli intrecciati di vimini o di castagno.

parato chiesaQuasi tutti autodidatti, hanno ornato chiese, case signorili, in Laureana e nei paesi vicini; hanno ridipinto e restaurato statue antiche, dipinto quadri di buona fattura e di efficace espressione. Fra gli altri: i Montagnese, i Montalto, gli Andriello.

fabbro 1Capaci di dare al ferro espressione d'arte. Le principali strade del centro e delle frazioni sono ornate di balconi in ferro battuto e di battiportone realizzati in armonia di forme e con finezza di esecuzione. Nelle case e nelle chiese vi sono basi di statue, altari e altri ornamenti provenienti dalle officine dei nostri fabbri. Fra gli altri hanno lasciato, o continuano a produrre, eleganti capi-d'opera i Passalia, i Corigliano, i Pititto.Questo antichissimo mestiere ha esaurito la sua funzione per l'apertura di negozi di ferramenta e di profilati metallici. Oggi al fabbro restano le riparazioni e l'assemblaggio col saldatore elettrico di sagome metalliche pre-formate; la fucina serve poco e la straordinaria abilità dei vecchi maestri si è andata perdendo: pochi sono in grado di temperare l'acciaio, dopo averlo lavorato.

Falegnami-intagliatori i quali, oltre a produrre mobili di grande pregio, in noce, mogano, noce seta, hanno acquisito una notevole abilità nell'intagliare-scolpire il legno (specie il noce), producendo lavori a tutto tondo, a sottile rilievo, a intarsio di colori diversi. I loro lavori sono ancora nelle chiese e nelle case dei maggiorenti locali. Fra gli altri: i Cutellè, i DeLorenzo, i Landro.

frantoio per_olive1Oggi i frantoi per le olive sono macchine enormi a ciclo continuo: le olive, raccolte ad una ad una, entrano appena lavate ed esce a valle, il prodotto già pronto per essere utilizzato in cucina. Le morchie e la sansa prendono altra via. L'esperto non è più necessario, perché le macchine fanno tutto.
Gli antichi frantoi (50/60 anni fa) erano mossi dalla forza dell'acqua o da un quadrupede velato e le varie "macchine" erano di legno. Poi vennero i motori elettrici e le presse idrauliche; non occorrono più le macine: dei grandi rulli d'acciaio schiacciano le olive; la pasta ottenuta, trasportata dai nastri, passa alla spremitura per centrifuga ed esce l'olio, mentre le morchie e la sansa prendono altre strade sotto il pavimento del frantoio. Lavoro più da chimici che da operai: ottimo l'olio che viene prodotto (intorno ad un grado di acidità).

impaglia sedie1Raccoglieva nelle paludi la sala, un'erba acquatica che cresceva spontaneamente con la quale si impagliano le sedie. L'ultimo impagliasedie ha terminato la sua attività da un decennio, rammaricandosi che non riusciva più a trovare nelle nostre zone palustri la pianta della "sala" (in dialetto "guda") e doveva acquistarla dai grossisti che l'importavano dal Nord-Africa.
Con la "guda" si possono realizzare vari tipi di impaglio che ornano di un disegno geometrico il sedile. Ora le sedie arrivano impagliate dai mobilieri e, chi ha una sedia vecchia, la butta nella spazzatura.

maniscalco1Gli animali delle masserie avevano bisogno di essere "ferrati" per non rovinare, nel lavoro, i loro zoccoli: buoi, cavalli, muli, asini. Mestiere sopravvissuto nelle masserie, nei circhi, nei reparti ippodotati, nei circoli ippici. La robusta intelaiatura di legno, entro la quale veniva tenuto fermo l'animale per ferrarlo ("a travagghia"), non si vede più, come non esistono più fabbri capaci di questa specializzazione. Il maniscalco era un po' veterinario, oltre che maestro di fucina. La foto ritrae una operazione che possiamo vedere, in televisione, in qualche Caserma.

mulino1Utilizzavano l'acqua dei torrentelli che scendono dalle nostre montagne, incanalandola in lunghi percorsi in muratura ("a prisa"), come forza motrice per far girare le grandi macine che servivano per trasformare in farina alimentare i cereali, i legumi prodotti nelle campagne.
I paesi posti ai piedi delle montagne o nelle strette valli beneficianodi flussi di acqua continui, che muovevano anche le macine dei mulini. All'edificio del mulino l'acqua bisognava portarla, canalizzandola a partire, spesso, da grande distanza. Nel tratto finale una condotta forzata, quasi perfettamente verticale, conduceva, quando era necessario, l'acqua sulle pale del rotore posto sotto le macine del mulino. I proprietari, i massari, i contadini producevano grano, granturco e altri semi che dovevano essere macinati. Al mugnaio si pagava la "decima" sottraendola al prodotto macinato, o in denaro. Nella nostra zona non ci sono mulini in funzione da parecchi decenni. Si affiancavano abili scalpellini i quali estraevano dalle vicine montagne la pietra per farne macine. A Laureana sono rimaste solo le rovine di antichi mulini.

Nelle nostre chiese, sugli esterni di alcune case si conservano opere in stucco che indicano una grande abilità manuale e il possesso sicuro del mestiere. In rifacimenti o in seguito a crolli molti di questi lavori sono andati perduti o sono danneggiati. Quanto rimane è degno di essere ammirato. Fra gli altri vanno indicati i Papaleo e i Famà.

pastoraro1Ogni buon contadino o artigiano era costruttore di pastori del presepe o altre statuine di devozione utilizzando come materia prima, la creta, scolpirla come necessario, usando un coltello, una vecchia forchetta, qualche piolo di legno. E poi colorarla, dando espressione e grazia al lavoro fatto.
Costruire da sé i pastori per il presepe di casa era un rito che coinvolgeva tutta la famiglia, specialmente i bambini, quando un giovane o un adulto era in grado di manipolare la creta in modo sempre artistico, anche se approssimativo. Residui di colori, imprestati o anche acquistati a poco prezzo, completavano, per tempo, i lavori. I pastori importati (da Napoli.) potevano vedersi nelle chiese o nei palazzi. L'ultimo pastoraro è morto pochi anni fa, e i suoi lavori sono già molto rifiniti, cotti nel forno e dipinti con smalti lucidi.

scopaio1Producevano non solo scope ma anche stuoini o di dischi per i frantoi: oggetti che oggi hanno una ben diversa provenienza.
Ogni contadino si costruiva quasi tutti gli strumenti che gli erano utili per il suo lavoro, comprese le scope. Qualcuno le costruiva anche per venderle la domenica, nelle fiere o girando per le strade dei paesi. Sui pavimenti di terra, o di cemento, o di mattoni questo tipo di scope era insostituibile. Ora usiamo altre scope!

Conosciuto come "bastaio" approntava basti per asini e muli in legno e pelle, e selle in cuoio per cavalli elaborate secondo l'uso che se ne doveva fare. Perché, allora, c'erano asini, cavalli e muli, compagni di lavoro nei campi e nel paese.

tessitrice2tessitrice1Il battitoio del loro telaio produceva un suono cadenzato e caratteristico che è rimasto nella memoria degli anziani di oggi. In ogni via del paese c'era almeno un telaio in funzione, ininterrottamente per moltissime ore di ciascuna giornata. Il prodotto contribuiva alle economie delle famiglie e preparava le tele necessarie ai bisogni di tutti: biancheria, vestiti, coperte, tovaglie, ecc.. Non abbiamo mai avuto, a memoria d'uomo, tessitori, ma ogni sposa degna di tale nome aveva in casa almeno un telaio e sapeva bene usarlo. La stoffa per la biancheria, per i vestiti, per le coperte, per dotare le ragazze, venivano tessute in casa; nei negozi si acquistavano, per grandi occasioni, tele o vestiti per i componenti le famiglie. Venivano, prima filate e poi tessute, le fibre del cotone, del lino, della canapa, della ginestra, della seta, della lana. Il telaio, costruito in legno dai falegnami locali, aveva, nelle sue varie parti, tanti nomi che oggi sarebbe difficile udire o identificarne il significato. Il disegno su carta che serviva da guida per realizzare tessuti particolari veniva chiamato "carta di musica", forse per la sua somiglianza con una partitura musicale.

vasaio1Danno forma alla materia informe: è un'aspirazione che tiene l'uomo sin dalle sue origini. La creta si presta a creazioni ottenute con l'abile pressione delle dita. Resta la cottura, che riserva sempre sorprese se fatta con la legna, di meno se il forno è elettrico.
Un creatore di forme e una misura universale delle civiltà e delle culture. Non un gesto inutile, non produttivo; non un oggetto diverso da quanto progettato: è sempre straordinariamente affascinante seguire il lavoro del vasaio. L'"argagnaru" nei nostri paesi non esiste più; gli ultimi rimasti lavorano con torni e forni elettrici e producono oggetti per amatori. I cocci ("shrachi") si possono vedere nei vecchi muri.